giovedì 18 gennaio 2018

Recensione - "Il tatuatore di Auschwitz" di Heather Morris

Ben ritrovati amici lettori, è in uscita oggi 18 gennaio per Garzanti "Il Tatuatore di Auschwitz", una storia vera di dolore, sofferenza e amore. 

Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, tanti i libri, i film e i documentari su uno spaccato di storia "assurdo" perché gli orrori del nazismo non vengano dimenticati. Per l'occasione ho letto questo romanzo e vi dico subito che la storia di Lale e Gita mi ha spezzato l'anima, mi ha commosso e mi ha fatto tanto pensare. Buona lettura!



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IL TATUATORE DI AUSCHWITZ


HEATHER MORRIS

Editore: Garzanti 

Pagine: 224
Prezzo: 17,90 euro
Genere: narrativa
Data di pubblicazione: 18 gennaio 2018
Sinossi: qui



Non esiste luogo in cui l'amore non possa vincere

Questa non è una recensione semplice da scrivere perché la vita, la sofferenza, la crudeltà e forse un barlume di speranza sporcano ogni singola pagina. Come si trovano le parole giuste per descrivere gli orrori dell'Olocausto? Penso che un termine adatto non sia stato ancora inventato quindi provo a parole mie a raccontarvi "Il tatuatore di Auschwitz".
Premetto nel dire che "Il tatuatore di Auschwitz" è una storia vera. Heather Morris ci narra la VITA di Lale e Gita, entrambi ebrei, entrambi deportati nei campi di concentramento, entrambi costretti a subire la follia del fuhrer. 

Lale è appena un ragazzo quando viene a sua insaputa deportato in un campo di concentramento a lavorare per i tedeschi. L'orrore di quel periodo, particolare e indimenticabile per la nostra storia, è percepito già dalle prime pagine dove insieme a Lale ci ritroviamo stipati o meglio ammassati nei vagoni destinati a trasportare il bestiame. Gli odori nauseabondi e la morte camminano a braccetto insieme al nostro senso di tristezza assoluta. E' la tristezza accompagnata anche al sentimento dell'angoscia a prevalere durante tutta la lettura.
Arrivato a Birkenau, Lale ha un unico obiettivo, sopravvivere. Cerca di mantenere fede al suo proposito sottomettendosi alle decisioni delle SS diventando il tatuatore del campo, colui che ha il compito di tatuare sul braccio dei deportati una serie di numeri. Perché ad Auschwitz i nomi vengono sostituiti a dei numeri, in questo modo ogni essere umano viene tarchiato per essere identificato.
Lale chiamato anche il "Tatowierer" detesta il suo lavoro ma non ha scelta se non vuole finire sul carro dei morti che passa ogni mattina, quindi l'unica alternativa è quella di non alzare mai lo sguardo e di arrecare meno dolore possibile  alle povere vittime. Un giorno, però, non resiste alla tentazione di guardare negli occhi chi gli sta porgendo il foglio con il numero da tatuare e in quell'attimo i suoi occhi si perdono nell'immenso sguardo della ragazza ed è subito intesa, speranza, amore, voglia di vivere. 
Può un amore resistere a tanto orrore? Gita, questo è il nome della ragazza ma anche l'unica cosa che Lale saprà di lei. L'amore che nutre nei suoi confronti è una fioca ma pur sempre una luce in fondo a un tunnel buio e interminabile.

La storia di Lale e Gita vi terrà incollati alle pagine fino alla fine perché la voglia di conoscere la sorte di entrambi è tanta. Mi sono ritrovata a sperare per loro, quando chiudevo il libro non vedevo l'ora di riaprirlo per ritrovare loro, Lale e Gita e continuare a sperare, sperare e sperare, ma anche a piangere e torturarmi i pensieri sul perché di tanto orrore. Ho cercato di trattenere le mie emozioni ma quando ho letto l'epilogo non ho retto più. L'autrice ci racconta come è nata l'idea di scrivere questo romanzo e l'incontro con Lale e le sue parole mi hanno commosso. Nonostante la sua atroce esperienza Lale ne conserva ricordi nitidi e ben precisi che l'autrice nel trascriverli si è sorpresa per la chiarezza degli episodi e quando gli chiede del perché ha avuto il bisogno di parlarne lui semplicemente risponde - voglio che venga documentato così da non ripetersi più -.
"Il tatuatore di Auschwitz" è un romanzo di forte impanno sulla nostra anima. Gli avvenimenti più terrificanti della storia umana ci vengono buttati in faccia intrisi di tutta la cattiveria, l'orrore, la mostruosità e il disprezzo che non riesco a descriverli perché vanno oltre alla mia soglia di percezione della vita. 
Concludo prendendo a prestito un pensiero di Lale che in realtà è stato il suo motto alla sopravvivenza:

se ti svegli la mattina è una bella giornata

Parole che devono invitarci alla riflessione ma soprattutto a non dimenticare.

9 commenti:

  1. Belllissima recensione, ma io passo. Mi spiace, ma negli ultimi anni ho la sensazione che il “filone Auschwitz/ebrei/nazismo” sia diventato un modo come un altro per vendere libri.

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    1. Ciao Laura concordo perfettamente con il tuo pensiero infatti tra le tante uscite che trattano il tema della deportazione degli ebrei ho deciso di leggere solo un libro e sono contenta di aver scelto questo perché nonostante il tema trattato è una storia molto commovente ma per ora basta... su Auscheitz ho dato!!! In ogni caso te lo consiglio è una storia che merita!

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  2. Ciao Rosa, leggere la tua recensione mi ha invogliata ancora di più a leggere il romanzo, mi interessa molto la storia trattata!

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  3. Complimenti per la bella recensione! Il romanzo già mi intrigava, ma adesso ancora di più ☺☺

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    1. E' una storia vera e già questo basta per dargli una possibilità poi tratta uno spaccato di storia che deve essere ricordato per non dimenticare. Consigliatissimo!!!!

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Sono proprio curiosa di sapere come finisce. Penso proprio che lo comprerò.

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